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Ritratto di donna araba che guarda il mare

di Davide Carnevali
regia Claudio Autelli
con Alice Conti, Michele Di Giacomo, Giacomo Ferraù, Giulia Viana e Noemi Bresciani
scene e costumi Maria Paola Di Francesco
suono Gianluca Agostini
luci Marco D’Andrea
responsabile tecnico Stefano Capra
organizzazione Camilla Galloni e Carolina Pedrizzetti
distribuzione Monica Giacchetto
ufficio stampa e comunicazione Cristina Pileggi
assistente alla regia Marco Fragnelli
produzione LAB121
testo vincitore del 52° Premio Riccione per il Teatro 
in coproduzione con Riccione Teatro
in collaborazione con Teatro San Teodoro Cantù
durata 85 minuti
trailer

16 gennaio ore 21.00  Ridotto del Teatro Verdi, Padova
18 gennaio ore 21.00 Teatro Municipale, Casale Monferrato (AL)
24 gennaio ore 21.00 Teatro Remondini, Bassano del Grappa (VI)
16 marzo ore 21.00 Teatro Comunale Lucio Dalla, Manfredonia (FG)  
17 marzo ore 22.30 Teatro Comunale Rossini, Gioia del Colle (BA)
5 giugno ore 22.00  Festival delle colline torinesi | Lavanderia a Vapore, Collegno (TO)
12, 13, 14 ottobre ore 20.30 Teatro della Tosse, Genova
9, 10, 11 novembre Arena del Sole, Bologna
12,13 novembre Piccolo Teatro Grassi, Milano
26 novembre ore 20.30 Teatro Foce, Lugano (CH)
29 novembre ore 20.45 Teatro Sociale di Bellinzona (CH)
18 gennaio 2019 ore 19.30 OH! Festival, Canton Vallese (CH)




ph Marco D'Andrea
 

Ritratto di donna araba che guarda il mare è un testo sulla condizione della donna e sul potere dell’uomo. Una lotta verbale che genera distanza e alimenta incomprensioni. Una riflessione non scontata su migrazione e scontri tra culture, e allo stesso tempo un’esplorazione della possibilità del tragico nella contemporaneità. 
Davide Carnevali, autore teatrale tra i più apprezzati, specialmente all’estero, con Ritratto di donna araba che guarda il mare vince nel 2013 il Premio Riccione per il Teatro. Quello di Carnevali è un testo fortemente allegorico. L’uomo europeo e la donna araba portano con loro i valori di culture differenti, di popoli per sensibilità lontani tra loro, ma accomunati dal fatto di affacciarsi sul Mediterraneo.
Culla dell’Europa e allo stesso tempo campo di conquista: militare, politica ed economica da parte dell’occidente.
Un europeo, un turista, in una città senza nome del Nordafrica incontra una giovane donna una sera al tramonto davanti al mare.
Questa fotografia o meglio questo disegno tratteggiato in fretta, è il principio della storia. Dieci frammenti, dieci istantanee che, nella loro sospensione, ricordano certe visioni del pittore Edward Hopper.
Attraverso il susseguirsi degli incontri di queste due figure tra le strade della vecchia città, permane la sensazione di una sospensione del tempo. Esso è scandito non dall’orologio ma dai movimenti della parola. Una parola sempre sfuggente, precaria, ambigua che tenta di farsi ponte tra culture tra loro lontane. Si procede per associazioni, contrasti e come un puzzle, pezzo dopo pezzo si intravede il disegno finale.
Per l’autore, la parola teatrale non soggiace all’interpretazione quotidiana. La parola contiene diverse possibilità, diverse interpretazioni. Lo spazio crea un alfabeto originale dove far risuonare in tutta la sua ambiguità la storia tra l’uomo e la donna, tra l’uomo e la gente della città vecchia. Esiste un quinto personaggio che contiene tutti gli altri: la città. Essa è la piattaforma sulla quale costruire il loro gioco, dentro la quale, l’europeo intraprenderà un viaggio che lo costringerà a ingaggiare un corpo a corpo con la propria coscienza.

Ritratto di donna araba che guarda il mare è stato selezionato da: Piccolo Teatro, Teatro Stabile del Veneto, Piemonte dal Vivo, Teatro Pubblico Pugliese, Teatro della Tosse.


DALLA RASSEGNA STAMPA

[…] L’ambiguità permea la pièce di Davide Carnevali sull’incapacità di comunicare realmente fra popoli diversi. La raffinata regia di Claudio Autelli contribuisce alla riuscita di questo inquietante teorema esistenziale, che si trasforma in un pungente monito a guardarsi da generalizzazioni e luoghi comuni. Renato Palazzi – Del Teatro (leggi la recensione)

Un'efficace pièce sulla diversità. [...] Autelli pone gli attori seduti a terra attorno a un plastico di una città mediorientale che ripreso da una telecamera da angolazioni diverse proietta sul fondo ambienti differenti popolati dai personaggi. Una buona scelta che sembra catturare l'immobilismo nascosto di questa corsa verso l'altro. Una corsa sul posto.  Magda Poli, Corriere della Sera  (leggi la recensione)

[...] A muoversi sono soprattutto le parole e le loro traiettorie ambigue dentro geometrie impreviste dove la stessa frase cambia di segno a seconda del personaggio che la pronuncia. Misurati e consapevoli, gli attori (Alice Conti, Michele Di Giacomo, Giacomo Ferraù e Giulia Viana) dicono battute e didascalie, mentre il modellino in scala della città ripreso da una telecamera precipita lo spettatore in un'ipnotica illusione visiva. Tutto tenuto a distanza, eppure perturbante. Sara Chiappori, La Repubblica (leggi la recensione)

[…] uno spettacolo di originale fattura, che ti apre dubbi e domande che hai dentro e allo stesso tempo sono il fulcro di un mondo in continua ebollizione. […] La bella regia di Claudio Autelli porta in scena questo testo di Carnevali, per nulla buonista, che scava in mondi in cui ognuno coltiva i propri desideri e le rispettive incontrovertibili ragioni. E lo fa in maniera semplice e complessa allo stesso tempo, attraverso un raffinato continuo gioco a rimpiattino tra luce e attori. […] Aiutato in modo perfetto da Alice Conti, Michele Di Giacomo, Giacomo Ferraù e Giulia Viana, lo spettacolo afferra per la mente e per il cuore lo spettatore e lo porta a considerare in modo diverso una realtà che invece pareva di conoscere alla perfezione. Mario Bianchi – KLP Teatro (leggi la recensione)

[…] Continuano a convincerci i Lab 121 che, dopo “L’insonne” dalla Kristof, con il consueto tormento interiore, portano in scena “Ritratto di donna araba che guarda il mare”, di Davide Carnevali, Premio Riccione, dove tra atmosfere che ci ricordano “Lo straniero” di Camus, il concetto di “normalità” viene stravolto e relativizzato, dove la cultura non viene derubricata a folclore, in quella percezione di incomunicabilità tra popoli così lontani così vicini da una parte, di infinito e complicato rispetto dall’altro: l’integrazione passa da qui. Tommaso Chimenti – Il fatto quotidiano (leggi la recensione)

 

Contatti
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